Nella Parola di Dio di questa XX Domenica del tempo ordinario dell’anno liturgico c’è un forte richiamo al valore della coscienza individuale e del giudizio che ognuno responsabilmente e in base anche a profonde convinzioni di fede può emettere nelle situazioni di tutti i giorni e di quelle realtà umane, terrene e sociali in cui vale il giudizio
personale manifestato in base a proprie sicurezze. Abbiamo già tanta di divisione tra noi. Abbiamo già tanti nostri buoni motivi di divisione, anche quelli di religione.
Ma la divisione di cui parla Geù non ha il sapore del nostro egoismo che ci schiera come concorrenti e rivali, essa è per motivi di coerenza . C’è una divisione di chi tira la corta coperta sempre dalla sua parte lasciando al freddo gli altri, e c’è quella che non va neppure bene quando uno accetta di rimanere silenziosamente scoperto. Forse da
più fastidio questo comportamento che quello di chi ingaggia un tira e molla.
Scatena più rabbia il rinunciatario che il battagliero. Snerva di più il remissivo che chi reagisce. Provoca più l’inerme che quello che schizza proiettili. Siamo portati a dividere che unire: è faticoso unire, mentre il dividere ci fa sentire superiori agli altri. Chi sceglie di stare dalla parte di Cristo e di seguirlo fino al battesimo di cui parla Cristo stesso nel teso, ovvero la croce, non può accettare le sfide del mondo di oggi con tutte le sue
contraddizioni, violenze, negazioni della verità, di divisioni e fratture a tutti i livelli